Avvocato Domenico Esposito
 


RIABILITAZIONE, NECESSITA' DI ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI CIVILI

 

In tema di riabilitazione, indipendentemente dalla natura della sentenza emessa (che, peraltro, in caso di patteggiamento, "è equiparata a una sentenza di condanna" e, quindi, ha un'efficacia extraprocedimentale), il tribunale di sorveglianza è tenuto ad accertare, anche in relazione alla tipologia del reato per il quale è intervenuta condanna, se il condannato che chiede il beneficio si sia in qualche modo attivato al fine di eliminare per quanto è possibile tutte le conseguenze di ordine civile che sono derivate dalla sua condotta criminosa, anche nel caso in cui nel processo penale sia mancata -come nella vicenda de qua - la costituzione di parte civile (Cass., Sez. V, 27 ottobre 1998, n. 6445; ld., Sez. IlI, 10 novembre 1998, n. 2942).

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE I PENALE - Sentenza 12 aprile 2006 - 10 maggio 2006, n. 16025

osserva
I. Con ordinanza del 26 ottobre 2005, il tribunale di sorveglianza di Campobasso dichiarava P. V. riabilitato in ordine alla condanna definitiva a mesi cinque e giorni venti di reclusione inflittagli il 26 novembre 1993 dal tribunale della stessa città per falsità ideologica continuata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., sul rilievo che il condannato aveva offerto prove effettive e costanti di buona condotta, non avendo riportato altre condanne e non avendo procedimenti penali in corso, e svolgendo un'abituale attività lavorativa.

Ricorre per cassazione il procuratore generale presso la corte di appello del Molise, deducendo, sotto il profilo della violazione dell'art. 179 ult. comma n. 2 c.p., che il condannato non aveva effettuato il risarcimento del danno alle persone offese e che la natura della sentenza (di patteggiamento) non rilevava ai fini della soddisfazione del risarcimento del danno.

II. Il ricorso è fondato.

L'ordinanza impugnata ha concesso la riabilitazione al P. nel presupposto che l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, indicato come condizione essenziale della riabilitazione dall'art. 179 quarto comma n. 2, c.p., non è richiesto in presenza di una c.d. sentenza di patteggiamento, dal momento che "in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, al giudice non è dato decidere sulla domanda della parte civile [arg. ex art. 444 comma 2 c.p.p., sostituito dall'art. 32 I. 16 dicembre 1999, n. 479], sicché egli non può procedere a quantificazione del danno o ad assegnare provvisionali o, infine, ad adottare statuizioni che presuppongono una decisione del giudice civile o, comunque, ineriscono al titolo risarcitorio da conseguirsi in sede civile" (Cass., Sez. IV, 4 gennaio 2002, n. 2, Pm e Pc c. D'Ubaldi, Rv. 215854).

E' però evidente l'equivoco in cui è incorso il tribunale di sorveglianza di Campobasso, che ha confuso e sovrapposto un istituto di diritto penale sostanziale qual é la riabilitazione con la scelta del legislatore di assegnare alla sentenza di patteggiamento la peculiare natura di non esigere un accertamento positivo della responsabilità penale. Il patteggiamento è infatti una partita a due che si gioca tra il pubblico ministero e l'imputato, alla quale il danneggiato dal reato non può intervenire, né per esercitare in quella sede l'azione risarcitoria, né per opporsi a una definizione anticipata del processo. Con l'ulteriore effetto che, quand'anche nel precedente corso del processo egli si fosse costituito parte civile, il sopravvenuto accordo delle parti in ordine all'applicazione della pena, lo costringerebbe ad abbandonare la sede penale per far valere la propria pretesa davanti al giudice civile.

Nel procedimento speciale disciplinato dall'art. 444 c.p.p., insomma, è preclusa l'azione civile per il risarcimento del danno, e ciò, come bene è stato detto, per il carattere "incompleto" del tipo di accertamento richiesto, che non consente di accertare la responsabilità dell'imputato nemmeno sotto il profilo della sua responsabilità civile per l'eventuale danno cagionato dal reato, in deroga al principio generale enunciato dall'art. 185 comma 1 c.p.

La peculiarità della natura della sentenza di patteggiamento non ha niente a che vedere tuttavia con l'adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato che, con specifico riferimento all'invocata riabilitazione, ha valore dimostrativo dell'emenda del condannato (Cass., Sez. Vi, 8 marzo 2000, n. 1147), salvo che egli dimostri l'impossibilità di adempiere: dimostrazione che deve basarsi peraltro su elementi oggettivi (Cass., Sez. I, 15 aprile 1999, n. 3002).

Ne deriva che, in tema di riabilitazione, indipendentemente dalla natura della sentenza emessa (che, peraltro, in caso di patteggiamento, "è equiparata a una sentenza di condanna" e, quindi, ha un'efficacia extraprocedimentale), il tribunale di sorveglianza è tenuto ad accertare, anche in relazione alla tipologia del reato per il quale è intervenuta condanna, se il condannato che chiede il beneficio si sia in qualche modo attivato al fine di eliminare per quanto è possibile tutte le conseguenze di ordine civile che sono derivate dalla sua condotta criminosa, anche nel caso in cui nel processo penale sia mancata -come nella vicenda de qua - la costituzione di parte civile (Cass., Sez. V, 27 ottobre 1998, n. 6445; ld., Sez. IlI, 10 novembre 1998, n. 2942).

Non può non farsi rilevare in ogni caso che l'art. 178 c.p. statuisce espressamente che "la riabilitazione estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna", esprimendo un contenuto dispositivo sostanzialmente analogo a quello dell'art. 445 comma 2 ultima parte c.p.p., che, dopo aver previsto l'estinzione del reato se nel termine di cinque anni (in caso di delitto) o di due anni (in caso di contravvenzione) dalla sentenza di patteggiamento, l'imputato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole", dispone: "In questo caso si estingue ogni effetto penale...". L'eliminazione di ogni effetto penale della condanna, che consegue alla riabilitazione, insomma, è perfettamente equivalente a quell'estinzione di ogni effetto penale che consegue all'avvenuta estinzione del reato nel termine di legge in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. La riabilitazione estingue altresì le pene accessorie, che peraltro non possono essere comminate con la sentenza applicativa della pena concordata (art. 445 comma 1 c.p.p. Come dire che la riabilitazione nulla aggiunge sul piano formale e sostanziale ai benefici che conseguono all'avvenuto decorso dei termini per l'estinzione del reato nel procedimento speciale disciplinato dall'art. 444 c.p.p. (così Cass., Sez. I,19 febbraio 1999, n. 534, Martellini, in Cass. pen. mass. ann., 1999, n. 1847, p. 3513, secondo cui "la riabilitazione non opera quando la pena sia stata applicata a seguito di sentenza di patteggiamento, perché l'eliminazione di ogni effetto penale che ad essa consegue è in tutto equivalente a quella conseguente all'estinzione del reato nel termine di legge in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti".

Il che non significa che, in presenza di una sentenza di patteggiamento, manchi un interesse del condannato a chiedere la riabilitazione prima che sia decorso il termine previsto dall'art. 445 comma 2 c.p.p. per l'estinzione del delitto, che è di cinque anni. Occorre infatti tener presente che, ai sensi dell'art. 179 c.p., così come modificato dall'art. 3 comma 1 lett. a) I. n. 145/2004, il termine minimo per chiedere la riabilitazione è di almeno tre anni decorrenti dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta. Ne deriva che, anche in presenza di una sentenza di patteggiamento, il condannato potrebbe avere interesse ad ottenere la riabilitazione prima che maturi il termine di cinque anni previsto dall'art. 445 comma 2 dello stesso codice di rito per l'estinzione del delitto.

L'ordinanza impugnata deve essere quindi annullata e gli atti rinviati per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Campobasso, il quale dovrà accertare se il condannato abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato ovvero se il reato ascritto al richiedente e oggetto del patteggiamento sia stato dichiarato estinto ai sensi e per gli effetti stabiliti dall'art. 445 comma 2 c.p.p. e se, quindi, egli abbia ancora interesse a chiedere la riabilitazione.
P.Q.M.
Visti gli artt. 606, 623 c.p.p. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Campobasso.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2006.